Tenzio Visura
Avremmo un bel dire a criticare l'operato, il genio, il cristallino fervore artistico di Tenzio Visura; come la gallina sta al brodo, egli sta al sublimalismo.
Allievo di Giandonatello Strep, trascorre l'infanzia tra falsi mattoncini Lego e la lettura del suo autore preferito dell'antichità classica, Petulo. Già da questi elementi è possibile trarre una prima e asciutta conclusione: nessuno più di Visura poteva essere predisposto a raccogliere l'eredità del sublimalismo.
Appannaggio di pochissimi eletti, il sublimalismo è forse l'unica corrente artistica mai esistita nella quale sia possibile rintracciare le effigi scomposte di importanti uomini d'ogni tempo: e, seguendo questa dottrina, anche Tenzio si cimenta in svariati Tritratti. Come quello, splendido e pretenzioso, del Cardinale Eldo Macao Turgonte.
Ma il sublimalismo è anche unico nel saperci affascinare con le sue Elementali Essenzialità: oggetti di ogni giorno e di ogni epoca divengono arte e spingono ad interrogarsi su cosa possa surrogare il pensiero, eclettico e spontaneo, dell'uomo d'ogni giorno; perché? Chi? A chi? Domande che sorgono come astri in una notte d'agosto, e che restano senza risposta se non nel silenzio che l'oggetto interpreta e suscita. L'oggetto non parla, ma declama la sua presenza nel qui-e-ora, ignorando il non-qui e non-ora che, nella sua eternità fittizia ma pregnante di veridicità, egli imputa a chi lo sta osservando, pur senza vederlo e senza esserne affatto cosciente.
Proprio tutto quello che possiamo osservare in "Metro. Quadro", inenarrabile visione improvvisa dell'oggetto che ci sfida a pensarlo, evocarlo nel momento in cui esso è già evocato; e lacerando il piano pittorico, si fa artefice di un suo presente agguantando il nostro "ora".
"Metro. Quadro" |
VALERIO DE SAZANNES
Nessun commento:
Posta un commento